martedì 19 marzo 2024

RIDERE DAL MORIRE.

dovrei parlare di uno spettacolo teatrale che ho visto ieri sera e mi va di farlo parlando di Milano e di me. lo spettacolo è E.G.O. Extreme Game Over, Milano è la mia città, Teatro Manzoni è il posto in cui ho vissuto il dunque. non penso andrò fuori tema: lo spettacolo parla di me, di te e del senso che si dà alla parola “io”. 



due autori che amo molto e sto seguendo da tempo, Mariano Lamberti e Riccardo Pechini dispongono di un attore con energia fuori misura, Lorenzo Balducci. andavano per una sera sola in scena al Teatro Manzoni, luogo che è pietra miliare della città dove sono nato e presto lascerò (anzi sto lasciando progressivamente sempre più). già questo sembra strano: me ne vado mentre tutti ci vogliono venire, non trovando più interessante io per me quello che ha da offrire. vado a vivere in collina, in un posto più isolato, senz’altro sto invecchiando, senz’altro sto ridimensionandomi e cambiando le mie richieste (in linea con quanto lo spettacolo avrebbe poi detto!). per uno dei simpatici controsensi che la vita offre in quantità, sul tram 1 che da Cordusio passa davanti alla Scala e porta al teatro Manzoni, metà dei passeggeri erano spagnoli, mia nazione di adozione. 


il teatro Manzoni è un luogo molto particolare per me: per la sua bellezza, per quello che ci ho vissuto come pubblicitario (sede di tanti eventi e premi) e come spettatore (anche eventi FuoriSalone). fu poi comperato da Mediaset e per qualche anno mi è sembrato diventare un teatro leggero senza grande importanza in quanto a programmazione, un po’ convenzionale con comicità da TV commerciale…. 

nonostante notizie date più volte di sua possibile chiusura, ho scoperto invece così che il Manzoni era ancora aperto e attivo. e mi ha sorpreso vedere che 2 autori inesorabili fossero ospiti di questo magico posto. 


la rassegna si chiamava, se ho letto bene, “Morire dal Ridere” ma con questo spettacolo non ho riso molto, anzi potrei rinominarlo “Ridere dal Morire”. 

E.G.O. Extreme Game Over parla dell’esagerata importanza che diamo al nostro ego, appunto, in relazione alla vita in comune, al destino, alla possibilità di affermare un qualche valore. ci prendiamo troppo sul serio… e l’utilizzo del format “stand up comedy” con un attore molto valido, nel pieno delle sue forze permette di far riflettere in modo brillante su argomenti difficili o scomodi. 



anche il fatto che l’attore sia gay aiuta: gli permette di affrontare “un po’ dentro e un po’ fuori” le ovvietà, i controsensi e le pacchianate normalmente date per “normalità”. sarà anche perché che uno dei due autori (e regista) è buddista, con tutta la ricchezza che questo porta al flusso di pensiero senza un dio patriarcale a giudice della vita.

 


l’insieme luogo/tema mi faceva pensare al senso del teatro - che le decorazioni del Manzoni celebrano - con un attore che era una l'opposto (ma anche continuazione e conferma) di Franca Valeri che in questa zona di lusso ha vissuto da bambina, quando Montenapoleone e dintorni erano ancora zona abitabile da comuni mortali. 

riflettevo anche sul sorprendente fatto che la galassia Mediaset, forse non sapendo bene cosa fare alla morte del fondatore Silvio Berlusconi, accetta contributi spettacolari anche da comici progressisti e aperti (peraltro lo ha fatto già a suo tempo con Zelig o la Gialappa’s Band che hanno però svenduto l’anima dietro cospicuo compenso e qui con E.G.O. Extreme Game Over, già dal nome, il livello è altro). 



lo spettacolo è molto valido, … mette in scena com’è difficile tenere la barra della dignità rispetto a temi importanti come la morte, il sesso, la capacità di stare con gli altri rimanendo se stessi, sempre che essere se stessi significhi qualcosa.

insomma davvero qualcosa di bello e “molto mio” e molto utile in questa Italia presuntuosa e senza grandi prospettive che stiamo vivendo. ho riso pochissimo, come diceve, ma mi ha fatto piacere sentire fragorose risate altrui, grande e attenzione del pubblico, l’ovazione finale…



ho fatto poi a piedi via Manzoni e sono tornato a casa, ripercorrendo la via Manzoni e luoghi della “Grande Milano”. pensavo che in questo spettacolo, rispetto al precedente che mi aveva entusiasmato, mi era mancata una citazione diretta e positiva di Paola e Chiara, artiste milanesissime che, come questo spettacolo, nascondono dietro un'apparente leggerezza la capacità tutta milanese di affrontare i disastri della vita in modalità non drammatica (la loro ultima canzone “Solo Mai” le vede richiedere rispetto e attenzione: “saremo tutti uguali senza il bisogno di avere un Dio”). orgogliosamente fui proprio io da milanese a “sdoganarle”, a proporre la loro umiltà su gay.it in un percorso che le fece poi diventare “icone gay” dalla città di Armani e Moschino, di Leonardo Da Vinci, di Sant’Ambrogio, Franca Valeri e dove iniziò il Fascismo istituzionale. ah, il carattere milanese: determinato, a volte presuntuoso e a tratti ridicolo sottolineato anche nello spettacolo ieri sera. quando i milanesi incontrano la morte non hanno tempo. e persino i bagni al Teatro Manzoni testimoniano il bisogno d'importanza di questa città ricca di ego.





di che morale, di che città, di che dignità ci tocca vivere o morire? 

grazie, amici di E.G.O. Extreme Game Over… 









lunedì 26 febbraio 2024

TRA UNA VITA E L'ALTRA. LA BELLEZZA, L'ITALIA, LO IN YUN 인연.

 

capitano a volte film che ti trapassano, ti confermano qualcosa e t'insegnano qualcos'altro. ti spingono in avanti nell'esser quel che sei. 

una domenica qualunque (ieri, 25 febbraio 2024) sono andato al cinema seguendo i gusti e i suggerimenti di Claudio, il mio compagno. non volevo neanche sapere di cosa parlava il film. comunque era al cinema Mexico: una garanzia. 

il film si chiama "Past Lives" (Vite Passate) e sorprende che sia un'opera prima. la regista Celine Song è donna e tanti nomi di donna ho visto scorrere nei titoli di testa e di coda del film. l'eccezionalità legata all'essere donna sarà un caso? non credo. non penso che le donne siano superiori agli uomini ma qualche indizio d'interpretazione e controllo sulla gestione della vita possono spesso darcelo. e questo film lo fa.

parla di vita normale, caratteri belli o brutti, decisioni, momenti speciali oppure no, incontri avvenuti e incontri mancati: resti a bocca aperta davanti alla capacità e il il coraggio nel rendere eccezionale la vita quotidiana.
è un film magico e incomparabile rispetto allo squallore "telefonato" e telenovelo del cinema italiano che stiamo quasi sempre vedendo in questi ultimi anni. i tre attori protagonisti sono a dir poco straordinari e li ami tutti e tre in ciascun istante, ciascun secondo, ciascuna espressione. senza fare spoiler c’è una scena di dialogo, a letto, tra marito e moglie che per crudezza, correttezza e onestà penso mi marcherà tutta la vita d'ora in poi per onestà e correttezza. ero felice di essere al cinema con l’uomo con cui questa correttezza io ho potuto sperimentarla. 











a proposito d'Italia, eravamo reduci da una visita con pranzo domenicale da mia madre, 90 anni, che ieri era in forma esplosivamente straordinaria. ci ha raccontato alcuni pezzi della storia della sua vita e della sua famiglia, in particolare mia zia Nina. era una persona da film: fisionomia tipo Maria Callas, alta e altera, capace di dare confidenza e affetto illimitato se conquistavi la sua stima. da famiglia poverissima (un padre fedifrago e traditore durante la Seconda Guerra Mondiale) riuscì a diventare capo produzione di una piccola sartoria prêt-a-porter: tutti i giorni tram e treno fino ad paese sul lago di Como. 
dopo una vita sentimentale che sembra un film (anche traumatico) finì per sposarsi con un uomo siciliano e andò a vivere in quell'isola, a inizio anni '70, rovinandosi l’esistenza da donna milanese all’avanguardia qual'era. le poche volte che è tornata qui voleva subito bene l'acqua del rubinetto di Milano perché diceva avesse il sapore della libertà.

nel racconto mia madre ha usato un termine che non sentivo da tanti anni: Bassitalia. 
Bassitalia è una parola che ho sentito per tutta l'infanzia e adolescenza poi scomparve per ragioni di rispetto e politicamente corretto. però è un'evidenza territoriale e descrive, racconta quante nazioni siamo in una penisola.
durante il film che tra tante cose racconta di spostamenti e cambi di prospettiva culturale tra Corea del Sud e Nord America, mi domandavo che fine possono aver fatto tutte le storie che si potevano raccontare in questa evidenza geografica prima - e nazione poi - chiamata Italia: grandi differenze, grandi possibili incontri (io sono figlio di uno di questi). si sarebbero potuti mettere a frutto, e ci avrebbe fatto del bene. impera invece una mediocrità, di destra o sinistra non importa, tipica del bar o parrucchiere, priva di qualunque ragionamento su noi stessi e inutile a qualsiasi progetto di futuro. 
"Io sono Giorgia" è stato il libro più venduto durante l'emergenza Covid-19? i risultati da retrocessione a terzo mondo li vediamo... pressapochismo, opportunismo, mediocrità. un programma come "Che tempo che fa" scacciato dal servizio pubblico porta a una TV privata milioni di ascoltatori dando un’immagine umana e profonda di Naomi Campbell. la bellezza non è sinonimo di stupidità e il Paese che ritiene di essere il migliore o il più bello del mondo dovrebbe imparare a guardarsi allo specchio con onestà. 
ma abbiamo visto a Sanremo una Bassitalia che piangeva accusando di essere discriminata quando sospettata di giocare sporco con le votazioni, abbiamo un leader politico nato nella Lombardia che non sa gestire con intelligenza la propria fortuna che dice cose vergognose ogni volta che apre la bocca. l'Italia è un Paese che la TV privata ha unito al ribasso, per i suoi difetti. e le ignoranze sanno come farsi forza l’una con l’altra per impedire un civile sviluppo. è il disastro dell’Italia attuale, pensavo, mentre aspettiamo i risultati elettorali della Sardegna, isola che quest'Italia ha permesso di unire.

ma torniamo a "Past Lives", il film che chiede "cosa siamo qui fare". spiega un concetto coreano che non conoscevo: In Yun, la magia di una coincidenza, un gioco del destino: l'incontro tra due persone potrebbe permettere qualcosa di speciale, forse richiama un incontro avvenuto in una precedente esistenza o anticipa qualcosa che avverà nel successivo.  
c’è qualcosa di un film, "Sliding Doors", c’è forse un richiamo al concetto di serendipità e questo "toque" d'intelligenza dall'Oriente per me fa parallelo con un altro film straordinario che ho recentemente visto: "Sidonie in Giappone" con Isabelle Huppert e l'idea giapponese che le persone scomparse restano vive finché le ricordiamo. come fantasmi positivi e guide per aiutarci a regolare le nostre esistenze. 

tra gli attori mi stordito per bellezza, intelligenza e disponibilità quello che definerei "maschio Alfa per intelligenza", John Magaro, attore americano di origini metà calabresi (papà) e metà  ebraiche askhenazite (mamma): un bingo dell'amore, insomma e nel film è l’uomo che sa ascoltare le donne. saper ascoltare anche quando l'altro o l'altra non dice quello che vorremmo è l'unica garanzia perché un rapporto possa durare.
nel dialogo cui accennavo in camera da letto su chi e cosa crediamo di essere o se è valsa la pena, la donna/moglie risponde e conclude: "se sono finita qui, qui devo stare", e ma non in senso squallido, rinunciatario o miserabile ma cercando di fare il meglio con quello che abbiamo.
la vità è saper costruire con il puzzle dei particolari a disposizione un’esistenza decente. 
ero al cinema e pensavo che in questo l’amore omosessuale è un po’ penalizzato perché mancano le coordinate, le regole, quel po' di educazione necessaria alla sua stabilità ...ma con la mia testardaggine e un po' di fortuna sono riuscito ad avere qualcosa, un po' più fortunato di quella zia che mi ha insegnò che libertà fa rima con dignità.  
chissà chi siamo, chissà cosa diventeremo o riusciremo a fare. intanto viviamo. 







venerdì 23 febbraio 2024

PERCHÉ NON SONO MAHMOOD.



ci accorgiamo tutti del tempo che passa e per me ne è passato molto da quando avevo l'età di Alessandro Mahmoud e come lui crescevo al Gratosoglio. sono diventato vecchio, magari in migliori condizioni di mio padre, e ora ho un anno in più di quelli che ha potuto avere lui, l'età che permette di vedere il passato come un panorama. 

so che le difficoltà forgiano la persona e che invece facilitazioni o benessere spingono a passare la vita sul divano. eppure, con tutto questo sapere, non auguro a nessuno di crescere in un quartiere dormitorio periferico come quello... è inutile stabilire se era peggio negli anni '70 quando nei prati delle case popolari costruite con materiali scadenti esplodevamo i tubi del riscaldamento. almeno intorno a quei parallelepipedi di cemento armato c'erano almeno i prati dove andare a pescare i pesci e le rane! adesso sui citofoni trovi nomi di mille e una nazionalità: difficile che s'intreccino destini e nasca qualcosa di bello se oggi come allora non ci sono neppure spazi pubblici decenti dove incontrarsi. ci si trova sulle scale e in che lingua si parla? quelli che muoiono lasciano case iperaccessoriate con i risparmi di una vita di lavoro, e come fosse una tombola capita quel che ti capita. oggi come allora i negozi nel quartiere sono 4 di numero e, altro che raccolta differenziata, la gente butta i rifiuti in mezzo alla strada. questo per dire che a Gratosoglio ci torno spesso. e a Gratosoglio ho celebrato con mia madre la vittoria di Mahmood a Sanremo qualche anno fa. so che Mahmood - madre sarda e padre egiziano - ha fatto donazioni per un campo sportivo, ci sono andato a passeggiare nell'epoca del confinamento covid-19: mi è sembrato sia servito a ben poco. comunque sia, sia io e Mahmood da lì ce ne siamo andati.

il parallelo divergente :-) tra me e questo ragazzo - ormai uomo - torna più e più volte: come lui ho costruito parte della mia carriera e del mio successo professionale su musica e intrattenimento. anche io sono figlio dell'incontro tra 2 continenti: nord e sud Italia io, madre italiana e padre nordafricano lui. anche lui dicono sia gay ma lui preferisce non parlarne mentre io sono una delle scintille che ha messo in moto la comunità lgbt xyz della città lavorando a Radio Popolare (L'Altro Martedì) e militando politicamente per consentire uno sviluppo decente dell'amore che non sapeva pronunciare il suo nome. le generazioni successive ritornano nell’armadio della discrezione o catalogo su ordinazione che è il web? l’amore come fosse il Postal Market. pazienza. e in tema di Postal Market, boutique o fiera della vanità (Vanity Fair), io sono tra quelli che negli '80 hanno contribuito alla rivoluzione del vestire (Vivienne Westwood, Jean Paul Gaultier, Franco Moschino) e mi sembra che questo ragazzo - come tutta la sua generazione - di stile e gusto abbia ben altra idea. fanno compilation improbabili e mettono marchi di lusso a certificare la loro qualità. iniziò tutto con Gucci, con Tom Ford che veniva a ballare all’Aster Dark in viale Certosa qui a Milano. da mezzo spagnolo quale ormai sono ho notato che anche la catalana Rosalia celebra Versace come campione di stile, e il giudizio su Versace lo ometto. del resto io i dischi li mettevo al Viridis e andavo al Plastic non all’Hollywood di corso Como. a Torremolinos, al Parthenon, ho visto la gente scatenarsi per "Brividi". Milano è cambiata molto da quando io vivevo a Gratosoglio a 50 metri da corso Como, in via De Cristoforis c’era la sede milanese di Lotta Continua. se mettessimo in una realtà parallela le distanze di spazio in lotta con quelle di tempo, cosa succederebbe? a Corso Como 10 sarebbero tutti/e pronti/e a un coming out collettivo definitivo?

e torno a Mahmood. mi ha fatto effetto la sua interpretazione straziante a Sanremo 2024. coraggioso. è stato uno dei pochi a colpirmi davvero insieme a Ghali da Baggio (altro dei 3 quartieri di Milano ove sono cresciuto, per via di papà). cresciuto tra operai, lavoratori, umiltà: Ghali da Baggio sembra quasi il nome di un martire, ma etero :-) nella serata delle versioni cover Mahmood ha cantato “Com’è profondo il mare” di Lucio Dalla, la velata numero uno del pop italiano (per ora, non abbiamo ancora scoperto il centro di gravità permanente della discrezione). Mahmood mi ha fatto pensare di nuovo: senza parlare di genocidio dall’epoca di Dalla, il Mediterraneo è una tomba molto più profonda e ci cadono persone di colore, ancora più svantaggiate di quelle che cercano di arrivare a un nome sui citofoni delle case popolari di Gratosoglio o qualunque altro porto più sicuro dell’Occidente ex colonialista. il parallelo tra me i più giovani diventano un complesso “back to the future”. non li invidio: è l'epoca internet della precarietà di giudizio, del “sì ma anche no”, del riflusso totale. il web è una via di mezzo di mezzo tra l’incanto della Divina Commedia e la testa nel cesso di Trainspotting. nei giorni di Sanremo andai a cercare il video della canzone di Mahmood su YouTube: un gruppo di ragazzi mettono in scena ansie e ricordi dell’adolescenza ballando come location un quartiere squallido qualsiasi del pianeta, in compagnia di vitelli chissà come sfuggiti al macello (liberati da uno di quei camion che si possono incrociare ogni mattina sulle autostrade, dove sono attoniti o ululanti). nel frattempo in una scuola interazionale a Nairobi (!!!) “Tuta gold” è stata una delle 10 canzoni scelte dai bambini per il loro saggio collettivo di danza. 

adesso è uscito l’album di Mahmood, si chiama “Nei letti degli altri” e io lo comprerò in CD se lo faranno uscire. in preascolto su una piattaforma internet mi ha colpito la canzone “Paradiso”. parla di varie cose: (a) portare buoni voti a casa: fatto, proprio studiando al Gratosoglio la Divina Commedia per l'esame di Letteratura Italiana 1 all’Università Cattolica, 30 e lode (b) avere una vita che magari non piace e forse si sarebbe più felici su OnlyFans …ai boomer, spiego: è la piattaforma che distribuisce filmati porno amatoriali a pagamento e che sta invadendo di sesso amatoriale la Rete (c) baci sulla faccia: si danno più liberamente, a qualcosa siamo serviti (d) dell’ascensore per entrare in paradiso di spalle che sono le droghe: le ho evitate, ma vedo sulle app che quelle artificiali vanno per la maggiore e ho un amico fraterno che si è suicidato per essere caduto nelle trappole del chemsex. 

"Ma che musica, che musica, che musica Maestro..." cantava Raffaella Carrà. Mahmood mi turba, m'inquieta e mi lascia disorientato, per il dolore che sento vissuto e per le labirintiche vie di autoaffermazione della generazione in cui potrei vedere miei eventuali (ma desiderati) figli o figlie. 

in un giorno di pioggia primaverile a febbraio (Milano è ormai subtropicale) mi sono sembrati questi l’argomento e spunto giusto per allontanarmi dalla prigione impazzita politically correct (a suo vantaggio) di Facebook e trasformare il mio storico nick / blog Radio Pavlov (su facebook rimane solo per le canzonette) per i pensierini più complicati. 

ciao a te che mi leggi.  


 


giovedì 20 gennaio 2022

POST AD ANELLO, STORIA IN FINITA.

mi domando cosa aspettino i governi nazionali del Pianeta per dare misura e regola alla deficientizzazione della loro stesso popolazione creata dalla Rete così com'è diventata oggi. autorità e criteri che scavalcano e annullano ogni legge e ogni criterio. stiamo vivendo un colpo di stato planetario, i cui proventi e vantaggi finiscono a privati, soprattutto in California. 

è una degenerazione assoluta, aiutata dalla pandemia, con imprevedibili effetti sul vivere comune e la stabilità psicologica individuale e collettiva, visto che i social network puntano sui deficienti perché l’insensatezza fa girare più dati. l'Italia - per vari motivi campione mondiale di individualismo menefreghista - va ancor peggio, a conseguenza della decerebrazione telepilotata per oltre 30 anni.


oh, che cattivo uso abbiamo fatto della cosiddetta “ragione” e della cosiddetta "alternativa" anni ’70 / ’80’ /’90 e zero. c'è chi della mia generazione e quelle vicine ha svenduto, chi ha programmato come fregare e chi ha semplicemente fatto finta di niente, iperconsumando e magari mettendo al mondo figli il cui unico universo è stato il divano di casa. se questi poi crescono nell’illusione di essere stati i primi, come tutti i giovani, e siamo a posto.  

 

capisco volino tangenti che portano i corrotti o i beneficiari di tanta pattumiera alle Bahamas, alle Maldive o a Las Vegas ma se continua così saranno i pipistrelli, i cinghiali o i cactus a prendere possesso di un pianeta che - per quanto sappiamo e possiamo raggiungere con le nostre capacità - è unico. 


scrivo di futuro perché un giorno, 2 giorni dopo Natale, ho augurato il peggio a chi - con la violenza - ha impedito l’attività di un centro di salute pubblico a Milano. sono stato punito un mese con il silenzio nel più celebre social network. da chi? a che titolo? (e si può ricominciare dall’inizio del post). 




sabato 6 novembre 2021

MADRES PARALELAS (e nazioni cugine).


Con “Madres Paralelas” ho ritrovato Il Pedro Almodovar che amo e mi sento “in corner” per il confronto, impossibile ma anche inevitabile, tra Spagna e Italia. 

E’ grande cinema che confonde proiezione e domanda.
Se in Italia “voliamo alto” con film tipo  “La grande bellezza” (da cui a suo tempo sono uscito a 2/3 della proiezione) ossia l’ennesimo crogiolarsi nella autocritica/aucommiserazione/autoriferimento tipico del Belpaese, Almodovar esce dai suoi dolori personali e da nodi esistenziali privati per raccontarci una favola/incubo che coincide con la Vita stessa. 

Chi siamo? Che genitori pensiamo o speriamo o riusciamo ad essere? Cosa ci è capitato? Da dove veniamo? “Siamo vincoli o sparpagliati”, direbbe Totò?

Non scriverò niente che possa essere spoiler di un film così intelligente e attuale che tratta di Storia …come dice la frase che chiude il film.

Il film affronta qualcosa che il pragmatismo idealista spagnolo, di cui Pedro è campione e innovatore, riesce a trattare e che noi italiani, tra presunzione e vigliaccheria travestite da “lasciamo perdere” e "ci sono problemi più importanti", non siamo riusciti a fare con il fascismo (salvo poi avere fascisti infiltrati dal dopoguerra ad oggi in tutti i corpi dello Stato).

Certamente oggi la distanza di tempo e la comparsa di giovani tenuti nell’ignoranza o ignoranti di loro volontà (per la presunzione tipica di ogni generazione) rende più difficile l’analisi e la elaborazione… o forse anche no.
A questo ci sfida Pedro che non è nato a New York, Londra o Parigi ma in un paesino della Spagna profonda.


E per farlo usa non solo donne semplici, ma anche la donna Picasso #1, la favolosa e intrepida icona che si ritrova ad essere Rossy De Palma, musa di Jean Paul Gaultier (guarda caso). O Julieta Serrano che in tutti i suoi film ha sempre svettato come quella che sorprendentemente “batte tutti” e ciao.

Per me il film (parlo di sensazioni intime) è anche stato ennesima conferma che inquadrare le viuzze di un qualsiasi pueblo di Spagna (del Sud, di quella che si chiama "la Spagna vuota") mi sentire A CASA. Non perché io lì sia nato ma perché so cosa posso aspettarmi con una battuta di spirito, un sorriso, una charla con una Señora cualquiera. Vedere Madrid (o qualsiasi grande città) mi fa meno effetto. Sarà che sto diventando vecchio anche io, come Pedro, Julieta e molti altre.  E la storia continua. 


 

venerdì 22 ottobre 2021

POMODORI DA MARTE (E SALUTI DA VIA SOTTOCORNO).


C’è stata l'inaugurazione, affollatissima, della mostra di un artista, Ivan Cattaneo. Uomo sfuggente e fin troppo presente (il tipo umano “se c’è, come fai a non vederlo?”), è stato raccontato da più voci, soprattutto e bene dal critico Giorgio Gregorio Grasso. “Pittore” anche no: Ivan è un artista espressivo su molti piani e quello visivo - coerente e inconfondibile nel corso dei decenni! - “penalizzato” dalla sua fama come cantante e personaggio pubblico. “Pittore” anche sì ha segnalato un’altra celebrity presente, lo speaker che è voce storica e ufficiale di Rete4: la forza espressiva dei quadri, con contenuto spesso inquietante, mostra un controllo deciso e sicuro della tecnica. Essere POI diventato persona famosa nella TV commerciale (e spazzatura) “penalizza”  Ivan?

Di cosa stiamo parlando? E’ cultura “alta” o è “bassa”? 

Interviene poi Ivan e confonde ancora di più: la sua espressività, onestà, umiltà, misura, simpatia e franchezza (tutte bergamasche, direi) distolgono un po' dal contenuto a favore della leggerezza “social” che sarebbe inevitabilmente seguita. Eppure Ivan dice che il risultato più grande per lui è che si guardino i quadri: solo lo sguardo riempie di senso e completa un quadro che alla fine è un sogno. Se la fotografia o il filmato “certificano”, il quadro lascia qualcosa in sospeso.


Aver seguito negli anni un artista attivo su piani così diversi, non conciliabili per tipo di pubblico e attenzione, permette di ragionare su realtà e finzione. Ancor più in questa nazione campione e dissestata che chiamiamo Italia. 

Tutto è superficie o almeno è la superficie quel che vediamo. Siamo tutti/e consapevoli che l’apparenza inganna eppure rivela. Nel frattempo soffriamo e ridiamo: si chiama "vita".. Con Ivan abbiamo conferma: ci sono la botte piena e la moglie ubriaca. E' per colpa del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Siamo a Jacques Lacan e alla canna del gas.


Voglio scrivere qualcosa su Ivan Cattaneo come artista visivo ma mi piace sottolinearne la coerenza incoerente che vedo chiarissima con la sua storia di sempre. 

Siamo amici da molti anni: lo seguo da quando “esplose” con la sua musica a fine anni ’70. I suoi 3 LP per l’Ultima Spiaggia di Nanni Ricordi (!) fecero di lui un “fratello maggiore” ...finalmente italiano! per me. Questi dischi e la visibilità conquistata nel bene e nel male con l’esibizione al Festival di Parco Lambro e l’happening che ne seguì insieme a Mario Mieli gli permisero poi di presentare l’opera visiva in via Maroncelli (che io confondo con via Morigi, con la casa occupata dei gay). 

 

Era la sua TUVOGart (Tatto Udito Vista Olfatto Gusto), del tutto coerente con i suoi primi 3 album. Era il lavoro visivo dadaista di decostruzione e deprogrammazione dell’immaginario che anticipava gli anni ’80 (Skiantos e radio libere) ma soprattutto ispirò Franco Battiato. Non esisterebbe “La Voce del Padrone” senza “Primo, Secondo e Frutta (Ivan compreso)” o “UOAEI”. Un giorno Ivan incontrò Franco sulla 90, la filovia della circonvallazione esterna di Milano, con quei disco in mano e ne restò sorpreso. Battiato gli disse: “Mi ispirano molto e sto andando in studio di registrazione”. Poi ogni artista fa quel che sente e quel che può: le differenze sono evidenti ma la distanza non è tanta. 

A sfavore di Ivan musicale ha giocato il fatto che diceva nelle sue canzoni da cantautore cose inascoltabili e forse addirittura incomprensibili a una Italia preistorica, sussuofoba, ipocrita e bigotta che ci illudiamo di aver superato. Battiato invece alludeva e gli riconosciamo la bravura. Nel Paese del "si fa ma non si dice" è necessaria. 

Poi passano gli anni e la gente confonde Ivan con la zebra a pois o il revival dei ’60 come fossero solo un pastiche divertente ed erano soltanto la lente messa sopra la superficialità: quanta boutade pre-gay era implicita in quelle canzoni? Quanto camp autoctono del Belpaese, quanta voglia di vivere? Poi certo arrivarono la Boy Giorgia e i Bronski Beat, Divine o i Pet Shop Boys (per dire 4 idoli) ma qui si parla di cose dei 197x non ancora  198x.

Caterina Caselli consigliò Ivan nell’operazione "revival": in Italia cosa avrebbe venduto pur con canzoni insuperabili con “Polisex” o “Formica d’estate”? E il successo arrivò: fece del bene? Fece del male? 

Chiediamolo al Grande Fratello …ma non solo a quello dove Ivan partecipò, secondo me sbagliando. Chiediamolo al Grande Fratello che siamo, alla bugia che viviamo in questa Italia maestra mondiale di bugia e affabulazione...prima contusi e felici per la TV al ribasso e poi rancorosi per le promesse mancate, confermati in ogni scemenza che diciamo dalla Rete grazie ai social network e quella tecnologia che tanti problemi risolve quanti ne complica e offusca, a proprio vantaggio.


E arriviamo una sera di novembre 2021 in via Pasquale Sottocorno: un giovedì post Covid.

“VOLTI & SCONVOLTI ovvero IO FACCIO FACCE!’ è produzione pittorica del Cattaneo più recente in assoluta continuità col passato (esiste il passato?  è solo un minestrone?). Molte opere richiamano attenzione in un momento che non è il party o la festa. Le pubblico qui. E' la ricerca di identità che ci riporta all'Italia cantiere di qualche decennio fa, più che mai attuale.  

Il viso è una maschera, un equilibrio spericolato tra dentro e fuori. Ciascuno di noi è gli altri, il puzzle di chi ci ha costruito attraverso educazione, consenso, amicizia o il loro opposto. 

Siamo anche un insieme di luoghi comuni, un pasticcio, una contraddizione talvolta bella a vedersi ma non facile da vivere o tenere insieme. 

L'androginia - l'attenzione al femminile - potrebbe essere (io penso sia) metodo e capacità di ascolto, proviamoci. L’altra faccia della luna siamo noi, basta cercarla e cercare capirla. 

“Individuo” significa "non divisibile": noi umani esistiamo solo come non divisibili dagli altri e gli altri esistono per definire me. 

Noi “omosessuali” siamo antenne particolari, portatori di valori e pensieri difficili per la maggioranza. 

Siamo un possibile passo positivo dell’evoluzione quando usa la “ragione” per staccare il sesso dalla procreazione e farne qualcosa altro. “Altro” cosa? Sapremo farne frutto? 

 

 





 Polifemo o transessualismo (nel senso usato da Mario Mieli) d'ascolto?

 Is it possible? O mentre baciamo guardiamo da un'altra parte?

Omaggio alla Lomellina dove io e Ivan abbiamo avuto molto. Con un gioco di parole che tira dentro Catherine Deneuve, il porno, la maternità.  


 Je suis moi, e cioè? 

 Idiota, ci dice. Con molta ragione delle cose. 




 

giovedì 14 ottobre 2021

TRA SENTIMENTO E RI/SENTIMENTO.

Mi domando in questi giorni in quale pattumiera esistenziale accecante siamo avvolti noi italiani. Si può capire l'angoscia della vita o la fragilità umana davanti a una pestilenza ma, oltre alla paranoia profonda dei cosiddetti No Vax, cosa ha mosso "nella pratica" chi non si vaccina? Quale egoismo? Che senso della vita? Che idea di sé e degli altri? 

Penso che la risposta sia nella Storia: siamo una nazione dispari, VERTICALE, l'appendicite dell’Europa nel Mar Mediterraneo, unita a fatica e a stento da poco più di 100 anni soltanto. Una penisola divisa dopo la caduta dell’Impero Romano in 50 staterelli, ognuno popolato da etnia diversa e dominato da conquistatori diversi, con idee, territorio, cucina e clima diversi… e unito dopo la Resistenza da una classe politica …divisa per attrazione tra l'Est e l'Ovest, con le colpe dei fascisti (la peggio Italia) cancellati dall’amnistia “di Togliatti”. Lasciati lì a imputridire le istituzioni... Del resto esistono colpe ancora più grandi del blocco comunista dopo la Seconda Guerra Mondiale, come aver abbandonato la Spagna alla dittatura franchista.

Poi in Italia abbiamo avuto la Ripresa: con il benessere abbiamo costruito le autostrade, sono arrivate le vacanze, sono iniziate le lotte operaie, il Moplen, abbiamo ottenuto un minimo di emancipazione femminile, i giovani hanno potuto ballare e fare l'amore con maggiore libertà, il diritto a divorzio e aborto, per dire... conquistati a fatica, in un angolino nascosto adagio adagio hanno trovato spazio anche i gay (su pressione dell'Europa). 


I fascisti che erano rimasti nascosti nei servizi segreti e nelle forze dell'ordine, forse alleati con potenze straniere (forse?) e negli anni '70 hanno messo bombe e aiutato il terrorismo "di sinistra" perché i comunisti non andassero al potere democraticamente. Panico. 

Nel frattempo la TV che era stata con la RAI di Alberto Manzi, Mike Bongiorno o Mina e Raffaella Carrà il più grande motore di unità vide l’arrivo della finta libertà, con quella TV privata - Italia manipolata - che fu in realtà il vero colpo di stato mentale. 

Era la mediocrità, il sabato del villaggio, il gioco al ribasso, l'unione sì... ma nei difetti: si dovevano solo eliminare le televendite dei sali di Wanna Marchi o delle cassette porno di Maurizia Paradiso ma il resto andava bene per eleggere qualcuno Deputato al Parlamento.

E se si indagava sul conflitto di interessi che bloccava il Paese, ci pensava il TG5: in una confusione tra notizia e spettacolo, i calzini blu del giudice Mesiano mettevano in dubbio la sua serietà professionale. 
Nel giro di qualche anno questa classe dirigente dei media è entrata in TV e in breve una giovane prostituta marocchina diventava per votazione del Parlamento ufficialmente nipote del Presidente egiziano Mubarak e Angela Merkel veniva definita dal Primo Ministro italiano “culona inchiavabile”. Per reazione un attore comico celebre per le pubblicità dello yogurt dava il via a un partito/movimento che si prendeva carico degli argomenti che la “Sinistra” venduta non osava più affrontare e siamo tornati al Medioevo. Il “tengo famiglia” copre ogni colpa e ogni vergogna e in fondo riporta al potere i figli papà “come è normale”. 


Dove non riuscirono le bombe o la repressione poliziesca è riuscito l’istupidimento di massa. E’ stata cancellata la dignità della povertà e bisogna ad ogni costo apparire più ricchi di quel che si è. 
Sulla scorta della televendita o degli slogan “Perché io valgo” o “Io esiste”, idee da  parrucchiere o da Bar Sport sono diventati programmi TV, con il Gabibbo che arriva a far da giustiziere. 


"Perché il mondo non mi dà quanto ha promesso?" In questa nazione infantile, vittima della sindrome di Peter Pan, il sentimento è imputridito ed è diventa ri/sentimento. “Mi avevi promesso il formaggio, perché mi dai la segatura?” dimenticando di aver votato per chi proponeva bugie. 

Memoria da pesce rosso, si dimentica tutto. E “i politici sono tutti uguali” diventa nel giro di qualche anno “Chissà cosa ci mettono in quel vaccino”, la insoddisfazione diventa senso di persecuzione. E’ lo stesso criterio che fa diventare i bambini o i cani il centro di ogni attenzione, mostri irresponsabili a cui tutto è permesso. E’ la famiglia, mafiosa o protetta dalla Chiesa o qualche Dio, è la trappola della deficienza di realtà.

Del resto basta ascoltare le radie italiane o sentire che musica “va”. E s
e per evento inaspettato al Festival di Sanremo vince un gruppo di giovani emulatori del rock …farà più numero all’estero che qui. Abbiamo altro a cui pensare, tipo bloccare i porti o le città perché “non sappiamo cosa ci ci mettono dentro”...dopo aver mangiato carne di animali intossicati dagli antibiotici perché allevati a forza in condizioni squallide. 

Non facciamo figli per disperazione e assenza di prospettiva ma non vogliamo gli immigrati, e i pochi cha abbiamo sono spesso sottopagati e vivono in condizioni abominevoli… e dopo essere stati immigranti noi per decenni. 
Quello del belpaese è un circolo vizioso, la trasmissione è riuscita.