venerdì 26 giugno 2009

LA RISPETTABILITA' E' IL NUOVO ARMADIO

Ogni tanto nella vita incontri qualcuno più intelligente di te. Occhio: non perché ti senti particolarmente dotato (anche se ci fosse, e anche fosse poca, l’intelligenza è spesso una condanna). Semplicemente quell’uomo, o quella donna ci arrivano prima e meglio di te. L’unica consolazione all’invidia o alla misura dei tuoi limiti è l’affinità, il pensare che “tu lo/la capisci”, per quanto magra la consolazione sia. Ma intanto hai letto il pezzo o il libro, ti sei imbevuto di quella sapienza, e hai aggiunto un altro mattoncino compatibile con te nel tentativo di comprensione delle kose.

Mark Simpson è un uomo intelligente, per me un punto fermo. Giornalista e intellettuale inglese, lo seguo da anni e da un po’ di tempo è anche più facile: ha un blog. Scrive forte, inesorabile e ironico, senza remore e politically-correttismi (scemenze a fin di bene) che annebbiano la ragione.

E’ l’uomo che ha inventato la parola “metrosexual”, ha santificato Morrissey, ha scritto “Anti-Gay” un bellissimo libro che vorrei far pubblicare in Italia (per riassumerlo in 4 parole, è una sfida alla nomenkulatura) e negli ultimi mesi prende a sberle quel che chiama “sporno” ossia l’interferenza dell’estetica porno gay in tanta immagine moda e sportswear indirizzata al general public maschile (il percorso iniziato da Armani, proseguito da Calvin Klein, oggi piatto forte di D&G o marche come AussieBum).

Se leggi bene l’inglese, ti segnalo un pezzo meraviglioso http://www.marksimpson.com/blog/2009/06/09/respectability-is-the-new-closet/. Ma siccome faccio le mie prove da traduttore per il libro, metto qui di seguito il mio adattamento in italiano, scritto per un pubblico non queer o gay-friendly, così vediamo se sono all’altezza e se potrebbe interessare qui in Papilandia (già la difficoltà nel rendere le espressioni rende l’idea di quanto indietro siamo).

E’ il mio regalo all’Italia per il 28 Giugno.


La Rispettabilità è il Nuovo Armadio***
di Mark Simpson.

“Più sono le cose di cui un uomo ha paura” scriveva George Bernard Shaw “più è forte la sua rispettabilità”. I gay devono essere davvero rispettabili se oggi, 40 anni dopo quella rivolta a Stonewall iniziata da travestite, marchettari e da giovani su di giri per la droga –tutti outsider senza nulla da perdere – i gay sono saliti di livello nella scala sociale, diventando una cultura di mezza età e trovando un sacco di cose per cui provare imbarazzo. Come tutti gli arrivisti, e come la più famosa tra le creature di Shaw Eliza Doolittle, hanno particolarmente paura del loro passato.

La stessa rivolta di Stonewall è stata in qualche modo promossa a “Stonewall 2.0” grazie al recente impegno collettivo per il matrimonio gay. Che è un po’ promuovere “Querelle” a diventare “La Casa nella Prateria”. E nel frattempo i gay si vergognano tanto dei loro eroi da assassinarli un’altra volta, come se la prima non bastasse. Il film adorato dai gay, scritto dai gay e diretto da un gay “Milk” è stato un successo proprio perché ha tolto di mezzo il vero e storico Harvey Milk con la sua vita sessuale senza vergogna scaricando un intero revolver di revisionismo contro la sua figura, e rimpiazzandolo con un’immagine di monogamia bugiarda e un ex marito di Madonna.

Allo stesso modo “Milk” ha sostituito la promiscua San Francisco degli anni ’70 fresca di sauna -una cultura che il vero Harvey Milk aveva abbracciato senza misura- con qualcosa di molto simile al paradiso di un agente immobiliare. Rivista da un gay Mormone, quella San Francisco sembra poco la versione anni ’70 di Sodoma e Gomorra e molto più un quartiere di villette piene di gente con abbigliamento casual raffinato di stile un po’ gay. Nessuna sorpresa che Lance Black (lo sceneggiatore) abbia nominato il matrimonio e Dio più di una volta per un discorso di ringraziamento alla cerimonia degli Oscar che ha ricevuto più impennate del pubblico di quante ne avesse avute la sua pettinatura decorativa.

Nel ventunesimo secolo la rispettabilità è la nuova forma dell’Armadio, l’Armadio 2.0 se la terminologia software non vi dà fastidio. E i custodi del nuovo Armadio non sono le camionette della Polizia o i bulli che picchiano le checche ma i gay stessi animati da una pruriginosa voglia di quel conformismo misto a ipocrisia che gli etero sempre più abbandonano. (…)

Nella loro instancabile brama di rispettabilità - e per favore non raccontiamoci bugie: il matrimonio si chiede per rispettabilità tanto quanto volontà di eguaglianza - se i gay non sono scrittori cult come Bruce Benderson o Michael Warren sembrano aver dimenticato che il sesso gay non è rispettabile e non lo sarà mai per quanto si parli di vita domestica gay. A meno che si voglia fare storia della medicina con un trapianto d’utero riuscito, il sesso gay sarà sempre improprio, inappropriato, non procreativo rispetto a quello desiderato dal Papa, dallo Zio Sam o da Prenatal. E sii sincero, un po’ è per questo che ti piace.

Anche la parola “gay” che oggi ha tutto il decoro per poter essere pronunciata dagli ex sodomiti arrivisti sui campi da golf, non ha una storia proprio decorosa. A parte le lamentele della vecchia guardia per il fatto che gli omosessuali si siano ammantati con un sinonimo di “felice”, “gay” era esattamente l’opposto di rispettabile. Nel 17° secolo una “gay woman” era una prostituta, un “gay man” uno sciupafemmine rovinafamiglie, una “gay house” un bordello. All’inizio del 20° secolo prima che si associasse al comportamento omosessuale, “gay” significava “single” e “scapolone” quanto “straight” significava sposato e rispettabile. Solo nel 21° secolo i termini sono cambiati.

Forse non dovrebbe sorprendere che nel momento in cui i gay sono diventati “come tutti gli altri”, appena ne hanno avuto la possibilità hanno messo le mani su tutto ciò che potevano e hanno iniziato a guardare gli altri dall’alto in basso (“Miss California non può far foto in topless. E’ volgare! Guardaaalaaa!”). E forse anch’io come Shaw con i suoi sandali sono uno snob presuntuoso criticando questi nuovi campioni di rispettabilità, a mia volta dall’alto in basso. Ma come avrebbe detto una drag queen di Stonewall di fronte a questo nuovo perbenismo “…Ma guardali!”

Ironicamente è l’illimitata zoccolaggine possibile grazie a internet che aiuta a tenere in piedi e chiuso il Nuovo Armadio. Adesso gli uomini gay possono muoversi qui e là col fidanzato esibendo una castità monogama al mondo intero, e allo stesso tempo far sesso di nascosto in modo discreto fuori dalla relazione senza neanche il fastidio di andare nei posti gay, o men che meno andare a battere nei parchi o nei parcheggi di strade e autostrade. Per non pochi uomini gay i siti gay di cucco hanno il ruolo che i bordelli avevano per gli eterosessuali sposati nell’era Vittoriana: una disonorevole istituzione che disapprovano fortemente nello stesso momento in cui rendeva la loro rispettabilità possibile e reale. (Non si dovrebbe parlare di queste cose in pubblico… Ops! L’ho fatto)

Non fraintendetemi: non credo che l’anziana e gentile signora che incontro sull’autobus debba essere messa al corrente di chi mi sono fatto la notte scorsa… ma neanche voglio pretendere di essere io che l’anziana e gentile signora.

Eppure, la rispettabilità non è qualcosa di cui bisognerebbe sghignazzare. Potrebbe anzi cambiare la storia. Manca poco tempo e probabilmente anche la data della rivolta di Stonewall verrà cambiata e spostata, chessò, al ’68 o al ’70. In fin dei conti, 69 è un numero che permette brutti scherzi e barzellette da parte dei moralisti contro i gay e la loro ossessione per il sesso…



*** “Armadio” è da sempre la metafora del gergo gay per descrivere la situazione degli omosessuali che per ipocrisia, paura o convenienza non si dichiarano e conducono una vita in incognito, anonima e bugiarda, magari sposati. “Out of the Closet!” ossia “Fuori dall’Armadio” era lo slogan delle prime lotte di liberazione omosessuale e della rivolta di Stonewall, quella che ha dato origine alla Celebrazione del Gay Pride, Orgoglio Gay.

martedì 23 giugno 2009

Se serve a qualcosa la pubblicità


Credo di aver deciso di fare il pubblicitario, da adolescente, per mettere a posto pesi e misure. Sindrome di Robin Hood, diciamo. C'era qualcosa che non quadrava nel mondo, e uno dei sistemi più efficaci e gentili per favorire un mondo migliore era la pubblicità. Bene.

Poi ne sono successe molte, e tra queste ho avuto come cliente Procter & Gamble. E quando la maggior parte dei creativi storceva il naso, e messa al lavoro per la "multinazionale senz'anima" pensava di finire in un lager o in una camera anecoica, io no. Anzi, grazie a quella scuola ho imparato cos'è la misura, la consistenza e contenuto: il che serve anche (anzi di più) se devi vendere vasi a Samo, emozioni e panorami.

Stamattina, a proposito di adolescenza, cambiamento e pubblicità, ho visto una cosa meravigliosa.
In America è partito un blog che ha per protagonista Zack, un ragazzino di 16 anni che si sveglia al mattino con le parti genitali trasformate in quelle femminili.
Questo, episodio dopo episodio, gli fa affrontare con evidente misura differenze, discriminazioni, una visione diversa della vita. E' un virale di Leo Burnett Chicago (complimenti) per Tampax: zack16.com.

Il tutto è scritto (sceneggiatura e dialoghi da Oscar) senza luoghi comuni -o meglio con tutti quelli necessari e nulla di più- con una precisione e una leggerezza nell'insight che ricorda quanto cinema americano sappia essere vero, intenso, superiore.

Rispetto alla pubblicità fuffa (quante campagne, fake, mai uscite e realizzate solo per mostrare "so' bbravo" vengono premiate in questi giorni al Festival della Pubblicità di Cannes!) questa è una rivincita coraggiosa, e neppure tanto invisibile.
Il CINEMA, e la VITA ripartono dal web, proprio come ha fatto la poltica con Barack Obama.