sabato 20 novembre 2010

ECCE OMO, MA QUALE?

Ho appena letto un libro molto bello (e lontano dal periodo di lancio come mi capita di fare con i libri o i film da cui spero qualcosa ma che sono oggetto di troppa attenzione pubblica): “Ecce Omo” di Franco Grillini. Conosco Franco da anni, addirittura dal tempo di un mitico campeggio organizzato dalla rivista Babilonia a Vieste, sul Gargano. Mi ospitò una o due notti nella sua tenda!, ma niente colpi di scema. I nostri universi di desiderio non s’incontrano neppure di sbieco. Lo stimo molto, sono stato suo complice, penso sia una persona che ha cambiato l’Italia solo per il fatto di esserci con semplicità, puntualità, ostinazione e ironia (le doti elencate non sono in ordine d’importanza).

Ho scoperto tra l’altro che anche lui ha come libro cult Omosessuali Moderni di Marzio Barbagli e Asher Colombo che dovrebbe essere, nella mia Italia ideale, un libro di testo nei primi anni delle scuole superiori. Spiega tra l'altro che gli "etero" avrebbero molto da imparare, in quanto a strategie di difesa e resistenza della coppia, da chi vive un amore così messo alla berlina come quello omosessuale.

Grillini racconta l’Italia che è stata, ed è molto cambiata, con una verve davvero unica. Sono socialista come Oscar Wilde e invidio la sua semplicità, quel senso dello humour sdrammatizzante. Leggi, e ti sembra di sentire il suo accento bolognese. Ho trovato nel libro anche diversi episodi/aneddoti che solo lui può raccontare (sulla presenza di omosessuali nel parlamento italiano o la pruriginosa, paranoica, vigliacca "percezione della cosa” in Parlamento, ad esempio). "Ecce Omo" finisce anche in maniera ottimista, considerando l'incredibile cambiamento epocale che il web comporta per noi uomini che desideriamo gli uomini e per le donne che desiderano le donne.

Che coincidenza!, la lettura del libro è avvenuta per me con la scoperta dei nuovi sistemi di cucco tramite i-Phone (Grindr, Scruff U4Bear etc), ossia il software che aiuta oggi a individuare l’omo di buona volontà a procacciarsi il pene quotidiano.

E' stato un forte mash-up di sentimenti: l’evocazione di un'epoca, della sua famiglia d’origine così diversa e così simile alla mia, fino a respirare l’atmosfera carica di odio o indifferenza che anni fa ci ha spinto ad impegnarci ... E insieme prendere atto di “cosa sta succedendo” oggi, il gaysmo 3.0 (a far da ciliegina -coerenza e paradosso- ci sarebbe che Grillini è un technofreak, deciso appassionato di nuove tecnologie telefoniniche o computerotiche).

Il sistema degli applicativi per iPhone è un capitolo nuovo dell’umanità che rappresentiamo. E’ il nuovo battuage (luogo di incontri occasionali dettati dal desiderio) con i gradi di separazione misurati dalla rilevazione satellitare. Ama il tuo prossimo, e misura i chilometri, anzi i metri di distanza. E non cosa niente. Per ora, è gratis come il desiderio.
Capisco perché Chris Anderson, il direttore Wired US dice che il web è morto. Per incasinato che sia, il web è un discorso, una rete di discorsi. Non puoi certo seguire tutto, ma devi costruire o trovare il tuo filo rosso. Le app lo cambian todo, e diventano una vera estensione di te. Anche se sono un po' come i popcorn: li mangi di gusto ma non sai se ti hanno sfamato o sono stati solo un passatempo mentre guardavi la vita (il film) passare.

Comunque non c’è più bisogno del parco, persino il gaydar (la rilevazione istintiva della presenza di un altro come te che ti passa accanto) può quasi andare in pensione. E quante tipologie "gay" nuove e vecchie sembra di veder comparire tutte insieme sulla scena: “maschi veri” che forse un tempo si sarebbero sposati, ultime tendenze, solite cretine, tipi con tanti tatuaggi da sembrare un codice miniato, orsi paradossali, maschi incredibili solo passivi, timidoni da fermoposta di un tempo che si convertono alla elettrochat. Un censimento. Retto da inconsistenza e prepotenza insieme. Un misto di tracotanza esibita, fragilità percepibile, molta nevrosi. Innovazione nei difetti di sempre.
Forse (direbbero le donne lesbiche, più portate all'amicizia stile alveare) la finta vicinanza elettronica conferma, amplifica e aiuta la paura dell'amore. Anche in questo siamo cambiati molto eppure no. Cerchi uno sguardo che s'interseca al tuo, ma tanto sai che è solo un telecomando, e al massimo sarà solo una scopata in più.

Da un lato la app continua il lavoro fatto dal web nel ridefinire l’idea stessa d'identità e di rapporto: permette una confidenza assoluta, intima, prima inimmaginabile. Sviluppi questa confidenza prima di avere la persona a fianco; è my life in a quadratino... fino a che vedi le persone nella vita reale e ti domandi come ci starebbero in un riquadro di un social network (o se lì le avresti apprezzate). Grazie ad Internet e al suo censimento, la presenza omosessuale diventa un urlo d’amore, con possibilità di autodifesa finora inimmaginabili.

Eppure, allo stesso tempo, la modalità elettronica delle app aliena, astrae, ingigantisce i luoghi comuni, le difficoltà che dall'istinto partono e che la cultura vigente aiuta a non risolvere. L'autostima manca, le scorciatoie abbondano. E qui si fa sulla vanagloria maschile, uguale a quella dei maschi etero: l'uomo vuole cuccare, ripetutamente. Il Don Giovanni non è etero né gay. Anzi l'omo che va con l'omo è il Don Giovanni che si è liberato d'ogni impiccio.

Il primo ragazzo cui ho parlato via iPhone ha profetizzato dopo un po' "Vedrai,sarà solo una perdita di tempo". Ma ho pensato che si deludeva troppo presto, perché cresce ogni giorno il numero degli adepti, mi pare.
Certo, la modalità è quella che è, e non si può immaginare di articolare grandi discorsi sulla tastierina dell’iPhone o similare. Ma la voracità affermativa dalla compulsività maschile sposta le frontiere del nuovo battuage sulla scena elettronica. Omosessuali modernissimi. Lo psicodramma d'amore continua, misto a disistima di sé, voglia di tagliar corto per "arrivare al dunque", bisogno di coprire la solitudine.
Sarà un un po’ da schiavi che non sanno ancora cosa fare della libertà?
La Zia Tom è tra noi.

lunedì 15 novembre 2010

ALTRO CHE PORCELLANA.

Ho fatto doppietta dello stesso attore, e dopo "Mammouth" ho visto "Potiche, La Bella Statuina", ultima opera dell'inquieto, poliedrico, polimorfo e perverso François Ozon.
Depardieu anche qui è tanto bravo quanto fisicamente immenso, nei panni del deputato comunista (grazie allo spot prima del film ho visto che è bravo anche in pubblicità e d'ora in poi consumerò Cirio).
Ma in "Potiche" gli tiene testa, e lo batte, Catherine Deneuve, la Marianna regina del mondo laico che ha per capitale Parigi, che mi piace ricordare è stata compagna di Marcello Mastroianni.
Icona lesbica e gay (2 cose molto difficili da avere insieme), donna che vive nel suo arrondisement protetta da vicini di casa e bottegai contro l'invadenza di media e paparazzi e in un'intervista a Venezia risponde al giornalista che le chiede se si sente una privilegiate "già mi vergogno di doverle concedere l'intervista su questa terrazza".
Seguo Ozon dal suo primo cortometraggio "Une robe d'eté" e dall'inquieto "Sitcom": trovo che sia un maestro al di sopra dei generi cinematografici che scavalca, unisce e deride per fare film molto personali.
In "Potiche" vediamo un lavoro di analisi sull'intelligenza femminile, o se dovessi parafrasare Fiorella Mannoia "Quello che le donne fanno finta di non capire". Eppure non c'è niente di non detto. Il paradosso del camp e del surreale entra nella trama di un film borghese per completare e demistificare la realtà (come succede anche in "Mammouth", l'altro film con Depardiaeu protagonista attualmente sugli schermi, ma in modo più bonario).
Ne viene fuori un film storico sull'arrivo nella società del potere femminile, in modo molto inaspettato. Racconta una Margaret Thatcher con l'intelligenza di Vivienne Westwood e la voce di Mirelle Mathieu. Qualcosa che solo in Francia si può avere, volendolo.
François Ozon è un caso unico, un autore apertamente, radicalmente, evidentemente gay anche quando non tratta un tema gay. Porta a ingrediente quel certo non so che, il segreto pubblico, l'amore che non osa pronunciare il suo nome, la bugia che dice la verità etc.
Rainer Werner Fassbinder potrebbe amare, Pedro Almodovar ha molto da invidiare.

domenica 14 novembre 2010

MAMMOUTH.


Non abbiamo più libretto di istruzioni, è quel che che è, forse la razza umana è un esperimento fallito, difficile comunicare tra le generazioni anzi difficile comunicare, la liberazione non è più possibile, il consumismo ha mangiato tutto e resta solo la guerra tra poveri però possiamo anzi dobbiamo distruggere tutti i luoghi comuni dell'immaginario collettivo segnati dal minimo comun denominatore americano. Ripartiamo dall'istinto, da quel che ci pare, dall'amore. Il futuro non sarà più quello di una volta, ma nulla va perduto e ognuno faccia, del suo, quel che può.

E' Mammouth, un film che cambia il cinema, un vero noir dell'anima. Da Benoit Delépine e Gustave Kervern, i registi di Louise Michel, con un Depardieu che supera De Niro: icona vivente, Yolande Moreau che si conferma attrice assoluta, Isabella Adjani che ha esagerato con le plastiche facciali. E Miss Ming, il futuro.

mercoledì 3 novembre 2010

LO STATO DELLE COSCE.

In un evento chiamato Motorshow (il che già la dice lungo e duro) l'attuale Presidente del Consiglio Italiano esibisce il motore che ha (o pensa di avere) tra le gambe: ''Meglio essere appassionati di belle ragazze che gay''. Molta gente civile è saltata sulla sedia (non mentre parlava: applaudivano), gay e lesbiche si sono offesi, tutti i media del mondo ne hanno parlato.
A me succede molto poco, la cosa non mi stupisce né mi fa arrabbiare. E mi chiedo il perché di quest'indifferenza; proprio io che ho per immagine di profilo facebook la mia ostilità come italiano verso quest'uomo indegno. Aspetto che reagiscano altri, più titolati o famosi di me, come la signora De Santis, Presidente dell'AGEDO o il fin troppo misurato Nichi Vendola. E' che mi sento una pila esausta. Poi ascoltando Vincent Delerm e una canzone, "Un temps pour tout", capisco. Forse il suono della lingua francese aiuta l'introspezione.

Mi domandano molte volte se ho subito danni per omofobia, se ne ho sentito il peso, e sono sicuro di sì. Tanta, troppa, una valanga non misurabile. Ma quando me lo chiedono esito a rispondere: per pudore o per evitare di sembrare un baüscia, il martire che si fa bello delle proprie ferite. La traiettoria umana e professionale di un uomo affermativo come me, un affabulatore (a volte encantador come mi dicono lusingandomi gli spagnoli), uno che nella vita ha avuto buon successo e visibilità professionale, sembrerebbe dimostrare il contrario della discriminazione.
Ma so soltanto io quanto tutto questo mi è costato "nonostante" la mia omosessualità. E sottolineo che se anche fosse "grazie a", non sarebbe differente. Anzi, forse sarebbe peggio.

E' che sull'omosessualità si punta troppo l'attenzione, e in modo squallido. E' come se mentre fanno finta di ascoltarti ti guardassero la patta, per scoprire se qualcosa si muove. E se sei una donna si domandano come fai a non riempire il tuo tempio libero con il sacro mattarello. Un orrore infinito.
Mi è capitato di pensare a questo "difetto di normalità" recentemente, nell'ultima posizione lavorativa "prestigiosa", Direttore Creativo in un'agenzia di pubblicità dov'ero accettato come niente fosse. Appunto "come niente fosse". Come se io nella vita quotidiana immaginassi il tipo di coito che il cretinetti tollerante di turno ha. Ma non è come se niente fosse: le montagne di fango davanti alla porta di casa ho dovuto spalarle via io. La discriminazione è nella parola stessa. E poi, che ridere, ero il capo. Fossi stato l'ultimo degli ultimi, senza un armatura caratteriale e una posizione a difendermi?

Noi, uomini che desideriamo gli uomini o le donne che amano le donne, viviamo sotto dittatura. Life during wartime, cantavano i Talking Heads. Ed è come se ci nascondessimo nei rifugi quando cadono le bombe, magari bombe del fuoco amico tipo gli stilisti o la moda o lo sfruttamento della nostra sessualità per farne carne da McChicken. Il consumismo ci libera e ci sfrutta.

Come sogno la banalizzazione dell'omosessualità!, delle sue presunte differenze magiche e delle proiezioni che su questo desiderio / orientamento fanno la cultura ufficiale, la religione, il senso comune. Come auguro che nelle prossime generazioni diventi un particolare meno significante (succederà mai?), un tratto del carattere.
Certo, bisognerebbe insegnare nelle scuole la parità di amore, le regole di comportamento corretto verso sé e gli altri. Ma dubito, proprio per questo, che il cambiamento avverrà. La paura, diceva Rainer Werner Fassbinder, mangia l'anima.

Mentre la guerra e i bombardamenti continuano, rispetto (anche se ho fatto la scelta opposta) gli uomini e donne che restano nascosti nell'armadio, comodo e sicuro, coperti da una moglie (che gli spagnoli chiamano tapadera) o da un marito (chissà che definizione ne daremmo, non è un caso che non esista).
E resta la domanda: se vivremo più liberi non rischieremo di perdere l'ispirazione o quella particolarità che ci contraddistingue? E' quel che si domandava Dominique Fernandez anni fa in un illuminate saggio "Il ratto di Ganimede". Poi è arrivata internet, e ciascuno di noi con un po' di buona volontà può trovare conferme, amici, fidanzamenti, sesso a volontà (sempre restando attenti a non diventare carne per McChicken).
Ma con il rimpianto targato "si stava meglio quando si stava peggio" non saremmo mai arrivati a un Presidente come Barack Obama. E certo, Obama non ha fatto neanche un decimo di quel che avrebbe dovuto rispetto a quanto promesso ed è già in crisi, coi fascisti 3.0 del Tea Party che si presentano moderni e spigliati per riaffermare il peggio, invadere un altro Iraq e lasciar morire gli ammalati poveri. Questo ci fa domandare se la coscienza, l'autopercezione (quello che ci differenzia dagli animali) non si trasforma in menzogna e non dimostri che la razza umana è un esperimento fallito. Può essere, ma finché stiamo qui non diamola vinta.

Ma tornando al campo della sessualità, dove l'autopercezione lo cambia todo (gli animali ci mettono 15 secondi per raggiungere l'orgasmo, noi scriviamo la Divina Commedia o Alla Ricerca del Tempo Perduto). E un aspetto "incatalogabile" come il desiderio e l'amore per le persone del proprio sesso manda tutto in tilt. Religioni (specie quelle monoteiste, con il dio vigile urbano) e i poteri consacrati ci speculano da sempre. Come può stupire se non lo faccia al Motorshow il Silvioshow?

Né consola l'acquitrino che ci circonda. Facciamo un giro nelle pagine web o faccialibro dedicati alla notizia. "Berlusconi vuol rendere capro espiatorio la categoria più debole i gay per distogliere l'opinione pubblica dai suoi casini", osserva un anonimo commentatore su internet. Il problema, a me sembra, è l'anonimato del commentatore. Qualcuno se la prende con chi, nel video della dichiarazione omofoba, saluta la frase con gli applausi. Ma è difficile immaginare che al Motorshow si applauda a Martine Rothblatt.
Una tale Giorgia difende il Premier dalle accuse degli avversari politici: “Ma l’On.le Di Pietro perchè si scalda cosi? Che c’azzecca con i gay?“. (dobbiamo leggere "...ma come? è maschio anche Di Pietro! mi farei montare da lui più che da Berlusconi!"). Poi c'è una certa Silvia: ”Il Presidente ha detto che non è gay. Famiglia Cristiana cosa dirà oggi? Lo criticherà?“ (ricordiamo che il Giornale di casa Berlusconi, accusando di omosessualità il direttore del quotidiano cattolico Avvenire, lo costrinse alle dimissioni). E c'è anche chi dice: “Cara sinistra, invece di pensare a chi gradisce le donne perchè non pensate ai Sircana e ai Marrazzi vostri?“. E non ne usciremo presto, a sentire un giornale che visto dall'Italia pare comunista, l'americano Time: "Mediaset ha determinato un cambio di gusti tanto profondo che per i prossimi 30 anni gli italiani saranno più berlusconizzati di Berlusconi.”. Anche perché Papi non ha fatto altro altro che dare valore e personificare come vincente la pattumiera mentale che c'era prima.

Parlano tutti, e noi siamo costretti a vivere sotto i bombardamenti. Ma almeno c'è intorno il mondo che ci regala un lieto intervallo: le dichiarazioni a proposito di Julienne Moore, un mio idolo di tutta la vita. Non basta, ma consola.